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Come una proteina può determinare l’insorgenza di un tumore: le Cdk e gli oncosoppressori.

di Vincenzo Cardillo




La cellula cambia la propria fase di transizione - da G1 a S e da G2 a M – attraverso un attivatore molecolare, ovvero un complesso proteico definito chinasi ciclina-dipendente o Cdk.

Una chinasi è un enzima che catalizza la reazione di trasferimento di un gruppo fosfato dall'ATP a un'altra molecola; questo trasferimento di un gruppo fosfato viene definito fosforilazione:


La fosforilazione modifica la forma, e dunque la funzione, di una proteina cambiandone la carica elettrica. Catalizzando la reazione di una determinata proteina bersaglio, i Cdk svolgono un ruolo importante nel dare inizio alle varie fasi del ciclo cellulare.

Il legame con un secondo tipo di proteina, definita ciclina, attiva un Cdk. Questo legame, di natura allosterica (il cambiamento di forma di un enzima in seguito al legame con un inibitore non competitivo, costituisce un esempio di allosterismo), attiva la sua forma ed espone il suo sito attivo.

Il complesso ciclina-Cdk induce alla transizione dalla fase G1 alla fase S. Successivamente la ciclina si dissolve, rendendo il Cdk inattivo.



Come agiscono le Cdk durante il ciclo cellulare?

Nei mammiferi, numerose combinazioni diverse di ciclina e Cdk agiscono a vari livelli dell’interfase (Figura 1):

La ciclina D-Cdk4 svolge la sua funzione a metà della fase G1, essa fa oltrepassare alla cellula il punto di restrizione (R), oltre il quale una cellula effettua irrevocabilmente il resto del ciclo cellulare;

Anche la ciclina E-Cdk2 esercita la sua funzione a metà della fase G1; essa agisce in concomitanza con la ciclina D-Cdk4 per far progredire il ciclo cellulare oltre il punto di restrizione;

La ciclina A-Cdk2 agisce durante la fase S e stimola la replicazione del DNA.

La ciclina B-Cdk1 svolge la sua funzione nella fase di transizione da G2 a M, dando inizio alla mitosi.



Figura 1: Il grafico mostra la concentrazione delle varie cicline durante le varie fasi del ciclo cellulare.


Come agisce RB da soppressore tumorale?

Il fattore chiave che consente a una cellula di procedere oltre il punto di restrizione è rappresentato da una proteina definita RB (proteina retinoblastoma; definita così in base a un tumore che deriva da divisione cellulare incontrollata di cellule embrionali produttrici della retina dell'occhio, questa neoplasia colpisce circa un neonato su 20 000. Il tumore può essere rimosso, sebbene il paziente può perdere la vista dell'occhio colpito). Normalmente la proteina RB inibisce il ciclo cellulare (Figura 2), ma quando viene fosforilata da una proteina chinasi si inattiva, cessando di bloccare il punto di restrizione permettendo la cellula di procedere oltre la fase G1 per entrare in fase S (“un inibitore è stato inibito”, un fenomeno piuttosto comune per il controllo del metabolismo cellulare). In sostanza, ciò di cui necessita una cellula per passare oltre il punto di restrizione è la sintesi di cicline D ed E, le quali attivano Cdk4 e Cdk2, che operano la fosforilazione delle RB, inattivandole.

I complessi ciclina-Cdk agiscono come checkpoints. Per esempio, se il DNA è stato danneggiato da radiazioni o da altri fattori esterni. Durante la fase G1 viene prodotta una proteina definita p21. La proteina p21 si lega successivamente a due Cdk impedendone l'attivazione a opera delle cicline. In questo modo il ciclo cellulare si arresta e la cellula può provvedere a riparare il DNA danneggiato. Dopo la rigenerazione del DNA la p21 si dissolve permettendo alle cicline di legarsi ai Cdk e di far procedere il ciclo cellulare. Dato che il cancro deriva da divisione cellulari non appropriate, non sorprende che nelle cellule tumorali risulti interrotto il controllo esercitato dal complesso ciclina-Cdk. Per esempio, alcuni tumori del seno a crescita rapida presentano quantità eccessive di ciclina D, ciò provoca un’eccessiva stimolazione del Cdk4 (che come abbiamo detto fa oltrepassare il punto di restrizione), e di conseguenza la divisione cellulare. Tuttavia una proteina definita p53 evita che le cellule normali si dividano, mediante la sintesi di p21 e dunque mediante inibizione del Cdk. C'è da dire che oltre la metà di tutti i tipi di tumore che si manifestano nella nostra specie coinvolgono cellule provviste di p53 difettosa (Il gene p53 risulta mutato in molte neoplasie maligne, tra cui il carcinoma polmonare e quello del colon). Proteine come p53, p21 e RB sono note come oncosoppressori.



Figura 2: L’oncosoppressore RB è in grado di inibire il ciclo cellulare, ma può essere disattivato mediante fosforilazione quando il ciclo cellulare procede attraverso un checkpoint.


L’ipotesi dei “due colpi” di Alfred Knudson:

Nel 1971 Alfred George Knudson, medico e genetista americano specializzato in carcinogenesi (al Texas Medical Center), osservando i casi di retinoblastoma, ipotizzò che un gene oncosoppressore, che di regola agisce come un “freno” sulla divisione cellulare, deve essere inattivato per dare origine all’insorgenza di un cancro, ciò è possibile solo se entrambi gli alleli sono “spenti”. Gli individui affetti da un tumore ereditario, d’altra parte, nascono già con un allele mutato e in questo caso è pertanto sufficiente una sola mutazione per inattivare il gene oncosoppressore (circa il 10% di tutte le neoplasie maligne è di tipo ereditario). Tali scoperte portarono Kudson a formulare la two-hit hypothesis (l’ipotesi dei “due colpi”), che implica che entrambi gli alleli di un determinato gene siano mutati perché si manifesti un effetto.

Il 9% delle donne eredita eredita un allele mutato del gene BRCA1 ed è soggetto a un rischio pari al 60% di sviluppare un carcinoma mammario entro l’età dei 50 anni e un rischio dell’82% di svilupparlo entro i 70 anni. Le parole di Knudson:

“A quanto pare, due classi di geni sono importanti per la genesi dei tumori infantili. Una classe, quella degli oncogeni, agisce in virtù di un’attività anormale o elevata. L’altra classe, quella degli anti-oncogeni (o soppressori del cancro), è recessiva nell’oncogenesi; il cancro si sviluppa quando entrambe le copie normali hanno subito una mutazione o sono state cancellate. Alcune persone sono portatrici di una simile mutazione e sono estremamente predisposte ai tumori perché è necessario solamente un evento somatico affinché si ammalino. Alcuni bambini, anche se non sono portatori di tale mutazione, possono ammalarsi di tumore come risultato di due eventi somatici”

I fattori di crescita possono stimolare le cellule a dividersi:

Come possiamo dedurre dalle parole di Knudson nel genoma umano, oltre a geni oncosoppressori, sono presenti anche geni oncogeni, il cui compito è quello di stimolare la divisione cellulare. Alcuni oncogeni codificano fattori di crescita che contribuiscono alla proliferazione delle cellule. Per esempio, in seguito a una ferita che sanguina, le piastrine migrano verso il punto della lesione, danno inizio al processo di coagulazione e liberano il fattore della crescita derivato dalle piastrine, che diffonde verso le cellule cutanee adiacenti, stimolandole a dividersi e a rimarginare la ferita (Figura 3). Altri fattori di crescita comprendono le interleuchine, sintetizzate da alcuni globuli bianchi, stimolano la divisione cellulare di altre cellule che sono essenziali per il normale funzionamento nel sistema immunitario. L'eritropoietina, sintetizzata dai reni, è in grado di stimolare la proliferazione delle cellule del midollo osseo e la produzione di eritrociti. Tutti agiscono in modo simile: si legano alle rispettive cellule bersaglio grazie alla presenza di proteine recettoriali, innescando un nuovo ciclo cellulare.


Figura 3: Il sangue contiene numerosi elementi, tra questi le piastrine che sono ricchi di fattori di crescita.



È tuttavia possibile che delle mutazioni interferiscano con uno dei qualsiasi modi con cui gli oncogeni regolano normalmente la divisione cellulare, provocando in tal modo insorgenza del cancro, che a sua volta provoca una sovrapproduzione dei fattori di crescita, segnalando costantemente alla cellula di dividersi. La perdita del bilanciamento cellulare nel tessuto in favore di quelle cellule che possono dividersi frequentemente o continuamente è una possibile origine alternativa dell’insorgenza tumorale. Consideriamo, ad esempio, un tessuto composto da 5% cellule staminali, 10% cellule progenitrici e 85% cellule differenziate. Se una mutazione, nel corso del tempo, sposta il bilanciamento in modo da creare più cellule staminali e progenitrici, le cellule in più si accumulano e si forma un tumore.




La comprensione dei cambiamenti molecolari che si verificano nelle cellule tumorali ha aperto la strada alla possibilità di effettuare diagnosi genetiche e di sottoporre i pazienti a screening genetici. Attualmente molte neoplasie maligne vengono diagnosticate con il contributo di specifiche sonde oligonucleotidiche, utilizzate per individuare alterazioni a carico di oncogeni e di geni oncosoppressori. È inoltre possibile determinare precocemente nella vita di un individuo se gli abbia ereditato un allele mutato di un gene soppressore. Per esempio, un individuo che ha ereditato alleli mutati di geni oncosoppressori coinvolti nel carcinoma del colon ha un'elevata probabilità di sviluppare questo tumore intorno ai 40 anni d'età (Figura 4). In questi casi, la rimozione chirurgica del colon dovrebbe prevenire l'insorgenza di un tumore metastatico. L'intensa ricerca ha dato origine allo sviluppo di test diagnostici progressivamente più accurati a una migliore comprensione delle diverse malattie genetiche da un punto di vista molecolare. Queste conoscenze attualmente vengono applicate e permettono di sviluppare nuovi interventi terapeutici per le malattie genetiche, come ad esempio la modifica del fenotipo patologico e la sostituzione del gene difettoso.



Figura 4: la colonscopia costituisce il metodo attualmente utilizzato per effettuare lo screening del carcinoma del colon, in figura si può vedere un adenocarcinoma






Riferimenti:

- “The Genetics of Childhood Cancer” – Bulletin du Cancer 75, n. 1 (1988)

- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC389051/pdf/pnas00079-0129.pdf

- Baker SJ, Markowitz S, Fearon ER, Willson JK, Vogelstein B., “Suppression of human colorectal carcinoma cell growth by wild-type p53.“

- Life, The Science of Biology: The Cell and Heredity - Craig Heller, David Sadava e Gordon H. Orians

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